Mono-autore vs. Multi-autore

Qualche giorno fa ho postato un articolo dal titolo Scrittura, Blog e Twitter: Belli i Tempi Quando Bastava un Tweet in cui, partendo dalla mia esperienza personale di blogger-autore, scrivevo come negli ultimi due anni la vita dei blog mono-autore sia stata resa difficile dalla competizione con i blog multi-autore. Ma qual è la situazione negli altri Paesi europei? Ho analizzato la blogosfera di Spagna, Francia e Gran Bretagna e ho scoperto, con mia sorpresa, che forse l’Italia è un caso particolare.

In Italia: nei primi 30 solo 4 blog mono-autore

Il punto di partenza è la classifica ebuzzing dei blog più influenti. Di questa classifica se n’è parlato spesso ed è stata spesso criticata. Tuttavia è la classifica di riferimento della blogosfera italiana. Bene: secondo ebuzzing, tra i primi 30 blog letterari più influenti di Italia solo 4 sono blog mono-autore. Il primo tra i blog scritti da una sola persona è Lipperatura di Loredana Lipperini, un ottimo blog, che però usufruisce di un network importante, quello di Kataweb/Repubblica. Il primo dei blog “indipendenti” è al diciottesimo posto ed è anakina.blog. Più giù troviamo il blog di Sandrone Dazieri e Scrittore Computazionale (che su ebuzzing è visualizzato con il vecchio nome, un problemino fastidioso che ancora non sono riuscito a risolvere)

Cosa succede in Spagna, Francia e UK?

La classifica ebuzzing è presente anche in questi Paesi, il che ci consente un paragone diretto e preciso. I dati più importanti della mia piccola analisi sono raccolti nella seguente tabella:

tableGood

In Francia i primi dieci blog letterari della classifica ebuzzing sono blog mono-autore. Sono blog à la Noemi (mi riferisco al blog tazzina di caffè), cioè diari, spesso anche molto personali, che raccontano di libri e di letteratura. Per trovare il primo blog multi-autore bisogna scendere all’undicesima posizione, dove c’è il Blog du répertoire de la Science-Fiction. Tra i primi 30, 23 sono blog mono-autori, cioè quasi l’80%.

In Spagna la situazione è intermedia tra Italia e Francia. Per trovare il primo blog mono-autore dobbiamo scorrere la classifica fino alla quarta posizione: Ni libre ni ocupado è il blog di uno scrittore-tassista. Nei primi dieci, sono solo 4 i blog mono-autore e 13 nei primi 30. La qualità dei blog non mi sembra molto alta, non parlo di contenuti, ma della grafica e dell’organizzazione dell’informazione. Trovare il bottone “about” non è stato facile, spesso nascosto tra una quantità, a volte ridondante, di informazioni.

In Gran Bretagna in prima posizione troviamo un blog mono-autore di uno scrittore “full time”, il blog ha un titolo semplice: Charlie’s Diary. I primi dieci blog sono tutti blog mono-autore, tranne uno che non sono riuscito a identificare con certezza come blog mono-autore. Trovo sorprendente, poi, che nei primi trenta ci siano solo 9 blog multi-autore. La qualità dei blog britannici mi sembra superiore rispetto a quella dei blog spagnoli e francesi: i blog sono più curati nella grafica e nella gestione dei contenuti.

L’Italia è un caso particolare?

Nell’analizzare in questo modo la blogosfera dei vari Paesi stiamo supponendo che in tutti Paesi la classifica ebuzzing abbia la stessa importanza e che i blog la utilizzino allo stesso modo. In ogni caso, il confronto è diretto, visto che i criteri della classifica ebuzzing sono gli stessi. Inoltre, considerando che l’analisi si basa sulla classifica di aprile, non possiamo dare per scontato che le posizioni siano mantenute nel tempo. È plausibile, però, supporre che il numero di blog mono-autore vs. il numero di blog multi-autore tra i primi 30 sia abbastanza costante nel tempo.

Dando uno sguardo alla Tabella, mi pare che la conclusione evidente e sorprendente sia che la blogosfera italiana è un outsider. Mentre da noi la blogosfera è dominata dai blog multi-autore, negli altri Paesi europei analizzati, la situazione si ribalta a favore dei blog mono-autore.

D’altronde, scorrendo la classifica italiana mi vien da pensare che riviste online come Finzioni o Doppio Zero non siano definibili come blog. Dopo anni di evoluzione, cominciano ad essere dei portali (non solo) letterari in cui una redazione molto ampia scrive ogni giorno, bene – non c’è che dire, e molto spesso.

Aggiungo, con un pizzico di orgoglio patriottico, che i blog letterari italiani sono più curati nel design e nell’organizzazione dell’informazione.

Questa che propongo qui è solo una delle analisi possibili ed è solo un primo passo. Qualcuno con più tempo e con più mezzi dovrebbe occuparsene, perché se questi dati fossero confermati, allora dimostreremmo che la difficoltà dei blog mono-autori di cui scrivevo in questo post è una caratteristica tutta italiana.

Sono risultati sorprendenti che danno ai piccoli David un po’ di coraggio in più per competere, se davvero è questo il loro scopo (ma come potrebbe esserlo?), con i giganteschi Goliath della blogosfera letteraria italiana.

18 thoughts on “Mono-autore vs. Multi-autore

  1. Ciao Arturo.
    come al solito apprezzo le tue analisi, metodo scientifico applicato alla sfuggente materia sociale. Sarà qualche retaggio della formazione in antropologia che mi rende solidale con i tentativi di rendere organica un’analisi che ha mille variabili.

    Sicuramente tra gli elementi che aiutano un singolo autore ad emergere nella blogosfera io aggiungerei il dato linguistico: sia inglese che spagnolo sono lingue molto utilizzate, nel mondo online e offline. Quindi credo, ma dovrei fare uno studio più accurato per dirlo con certezza, che la scelta o la necessità di usare queste lingue aumenta le occasioni di visibilità per i singoli blogger. In pratica: se so usare lo strumento blog, se conosco un po’ di SEO e ottimizzazione e se scrivo in inglese ho maggiori probabilità di emergere nella blogosfera anche oltre i confini nazionali se uso una lingua molto usata su internet.

    Così, una riflessione 😉

    1. Beh, sì, Virginia. Per questo ho pensato molto alla possibilità di passare all’inglese, e non è detto che nei prossimi mesi non lo faccia…

      Ma se mi pare scontato che scrivere in inglese e spagnolo aumenti il numero dei lettori, non mi pare così evidente perché i blog mono-autore dovrebbero trarne un maggiore vantaggio rispetto a quelli multi-autore…

      Hai una spiegazione? 🙂

      Poi, è anche vero che ci sono più lettori ma c’è anche più concorrenza…

      1. La Thatcher ti direbbe che nel Regno Unito non esiste una cosa chiamata società, e quindi è normale che emergano gli individui. Non so se sarei d’accordo con lei, ma servirebbe un po’ di netnografia per capire se in effetti c’è un collegamento tra il tipo di società, una società più “‘individuale” e la scrittura solitaria.

        ci penso.

        1. … beh… questo cade a fagiuolo perché un paragrafetto che mi è rimasto nella tastiera (che non ho pubblicato!) era proprio un parallelo tra la società britannica (dove ho vissuto più di 3 anni) e quella italiana.

          Ma non me la sono sentita di rischiare di scrivere sciocchezze.

          Però il succo è che in UK, probabilmente per questioni di mercato spinto (ah la Thatcher!), la maggior parte di esercizi commerciali sono raggruppati in catene. Il negozietto sotto casa non esiste, le strade principali delle città britanniche sono tutte uguali.

          Cosa che ovviamente non succede in Italia, almeno non ancora…

          Ma ho fatto bene a tenermi la considerazione nella tastiera. 🙂

          1. Beh, i commenti sono fatti apposta per quei paragrafetti insidiosi 😉

            Quindi ci sarebbe una dicotomia tra il sistema economico di mercato e l’approccio alla rete? Può essere. Ripeto, da studiare.

            Ci sarebbero da inserire anche i dati sull’alfabetizzazione digitale dei vari paesi. E’ un campo vastissimo. Davvero da tesi di dottorato 😉

          2. Virginia: Ci sarebbero da inserire anche i dati sull’alfabetizzazione digitale dei vari paesi. E’ un campo vastissimo. Davvero da tesi di dottorato

            forse scontato dire che in quel caso gli UK vincono cento a uno…

          3. Arturo Robertazzi: forse scontato dire che in quel caso gli UK vincono cento a uno…

            E a quel punto secondo me entra in gioco un’altra variabile: più wifi, più punti di connessione permettono un maggiore accesso alla rete da parte dei singoli. E ogni singolo ha gli strumenti tecnologici per diventare un hub più significativo.

          4. Virginia: E a quel punto secondo me entra in gioco un’altra variabile: più wifi, più punti di connessione permettono un maggiore accesso alla rete da parte dei singoli. E ogni singolo ha gli strumenti tecnologici per diventare un hub più significativo.

            Beh, sì. Per non parlare del grado di cultura generale e della quantità di libri e giornali che si leggono in Uk (rispetto al disastro italiano)

  2. Sono sempre un po’ scettico su queste classifiche, redatte da siti come ebuzzing e simili. Quanto sono valide?

    Per quanto mi riguarda credo di seguire solo blog monoautore, almeno italiani. In inglese forse più blog multiautore.

    1. Capisco la scetticità sulla classifica. Credo tuttavia che, mentre la posizione di un blog in classifica possa essere affetta da un errore anche importante, il numero di blog mono-autore presenti nelle prime 30 posizioni possa considerarsi un dato significativo, specie per un’analisi qualitativa.

      Ovviamente non ne abbiamo la certezza.

  3. Sarebbe interessante anche paragonare il “successo” di questi blog in maniera assoluta (qual è il successo del numero uno italiano rispetto al numero uno britannico?), piuttosto che guardare alle posizioni di ranking, quindi per forza relative al loro contesto. Perché potrebbe essere che i fenomeni si sviluppino in maniera completamente diversa a seconda dei Paesi.

    Ad esempio, mi vengono in mente i blog di giornalisti, esperti scientifici ecc. che compaiono sul Guardian. Dubito che verrebbero ripresi in questa classifica perché rientrano nel contenitore-mostro del sito del Guardian, ma sono veri e propri blog (la maggior parte monoautore) e chi lo sa se più o meno “di successo” di Charlie’s Diary?

    Ed è molto interessante il discorso dell’accesso dei singoli alla rete perché può portare anche all’effetto completamente opposto di quello che pensiamo, ovvero che meno gente blogga, perché con l’accesso immediato, più gente twitta.

    Ah che bella matassa!

    1. Interessanti i tuoi spunti.

      Per i dati assoluti, i numeri non sarebbero paragonabili. Il bacino d’utenza di un blog inglese è potenzialmente di miliardi di persone. Uno in italiano di meno di cento milioni di persone… Per non entrare poi nel discorso “grado di alfabetizzazione (digitale)” di un Paese (come si diceva più su con Virginia Fiume).

      Nel secondo caso, beh, seppur in maniera ridotta, una situazione analoga la ritroviamo in Italia. Sono tanti i blog importanti che non ci sono in classifica, per varie ragioni.

      Come scrivevo nel post, questi risultati sono sorprendenti, ma sono solo un primo passo, piccolissimo, per una ricerca rigorosa, molto difficile da portare a termine.

    2. quoto e plauso a 4 mani per l’ultima frase dell’eleonora (prima di “ah che bella matassa”)

  4. Avevo letto qualcosina su questo tema sull’ebook di eFFe e la cosa mi aveva abbastanza stupita. Sarà che sono io ad essere in controtendenza con l’Italia, ma non mi sento granché affine coi blog ‘grossi’ e collettivi, per quanto possano essere interessanti. Non so, sento molto più affidabile il blog di una singola persona, mi ci sento più a mio agio. Il blog ‘redazione’ è dispersivo, è difficile tenere a mente i singoli che ci scrivono, invece quello personale è… beh, più personale. Dà più l’impressione di chiacchierare di libri con una persona, credo.
    Di conseguenza mi chiedo anche se un blog redazione seguitissimo come quelli in classifica abbia la stessa fiducia di un blog personale. Io preferisco assolutamente seguire i consigli dei secondi.

    1. Interessante questa cosa che dici, cara Leggivendola!

      Quando leggevo un po’ a proposito della “morte” del blog mono-autore, ho trovato molti articoli che elencavano i vantaggi/svantaggi del blog multi-autore. Uno degli svantaggi era proprio il pericolo di perdere il contatto diretto con il lettore.
      Il buon blog multi-autore riesce a mantenerlo, ma, appunto, non è facile con la varietà di voci con cui un blog multi-autore parla a chi legge.

      L’altra cosa che mi viene in mente (cui penso da un po’) è che una rivista online come Finzioni (che fa un ottimo lavoro, intendiamoci) non possa essere definit blog multi-autore. Un blog multi-autore è quello dei Wu Ming, per esempio…

  5. Artù,

    tu lo sai, io con le questioni definitorie ho sempre dei problemi. E con la nozione di autore ancora di più. Secondo me, in una realtà così magmatica come quella della rete, dare delle definizioni nette è controproducente: Finzioni è un blog? Non lo è? E minima&moralia? E Critica Letteraria? E una volta che lo abbiamo stabilito, cosa sappiamo di più del mondo? Abbiamo solo provato a piantare un paletto in mezzo al mare…

    Secondo me ha più senso analizzare i funzionamenti, ed ecco perché la divisione tra blog monoautore e multiautore serve, perchè ci spiaga le meccaniche interne di produzione e diffusione dei contenuti. E poi potremmo scendere ancora più in profondità: per es. un monoautore indipendente ben fatto e serio che chance ha di competere con un monoautore ospitato su un portale o giornale o rivista (tipo HuffPo, Repubblica, Vanity Fair…)? E così via…

  6. Caro eFFe,

    beh, sì, posso essere d’accordo sulla questione della definizione, è diventato difficile dire cosa è e cosa non è un blog.

    D’accordo con te che la distinzione mono-autore vs multi-autore è importante.

    La sensazione che avevo prima di questo articolo è che i blog mono-autore fossero spacciati. E invece non è così. È chiaro che i multi-autore volano, ma insomma, la ragione di esistere per un blog mono-autore piccolo, ma fatto bene c’è.

    Poi le chance che abbia con un altro blog mono-autore ospitato su una delle grandi reti, beh… poche, ma non nulle.

    E così si ritorna a un’altra questione: siamo sicuri che il numero di visite sia strettamente correlato alla qualità del blog?

    (e mo’ vado a farmi un caffè)

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